La biodiverisità come risorsa- Modelli di sviluppo sostenibile
La diversità
biologica in agricoltura rappresenta un sottoinsieme della diversità biologica
generale e si compone della diversità genetica intesa come diversità dei geni
entro una specie animale, vegetale e microbica, della diversità di specie,
riferita al numero di popolazioni vegetali, animali, in produzione zootecnica e
selvatici, e di microrganismi e della diversità degli ecosistemi ossia della
variabilità degli ecosistemi presenti sul pianeta Terra.
Le varietà
locali sono essenzialmente “antiche popolazioni costituitesi ed
affermatesi in zone specifiche, in seguito alle disponibilità offerte
dall’ambiente naturale e dalle tecniche colturali imposte dall’uomo. Tali
materiali sono dotati di un notevole adattamento e rappresentano interessanti
fonti di geni per caratteristiche di qualità e produttività in ambienti
marginali. Tuttavia, al di fuori dell’area di origine, le varietà locali spesso
non reggono il confronto con le moderne varietà”
Il Cilento è famoso per la sua biodiversità.
Tra questa una tipologia molto rilevante è quella relativa alle specie officinali
A
livello mondiale, in base all’analisi svolta dalla FAO emerge una crescita complessiva delle
superfici e produzioni per un gruppo di prodotti riconducibili alle piante
officinali, tra la fine e l’inizio del decennio 2000-2010. All’interno del
gruppo, in particolare, si evidenzia un’espansione sia della base produttiva
sia dell'offerta per alcuni prodotti
(cannella, altri agrumi - bergamotto, chinotto, cedro, ecc. , papavero, altre
spezie come alloro, aneto, zafferano, timo, ecc., anice, tè e pepe). In
altri casi, alla staticità delle superfici si associano incrementi delle
produzioni che denotano dei processi produttivi più efficienti (menta, peperoncino, luppolo e cartamo).
A
livello europeo le statistiche più aggiornate, riferite al 2010, parlano di
oltre 36 mila aziende interessate alla
coltivazione di “piante aromatiche, medicinali e da condimento” con una
superficie di quasi 234 mila ettari; i dati europei mostrano complessivamente
un settore piccolo ma in sviluppo, che nel triennio 2007-2010 avrebbe
registrato una crescita sia del numero di aziende, sia delle superfici
investite, aumentate di oltre il 50%, a fronte di una forte contrazione della
numerosità delle aziende agricole totali e una sostanziale invarianza della
superficie agricola utilizzata totale.
In questo quadro, si colloca il dato dell’Italia, dove nel
2010, secondo i risultati dell’ultimo Censimento dell’Agricoltura, si contano 2.938 aziende con una superficie
investita a “piante aromatiche, medicinali e da condimento” complessiva di
7.191 ettari. Anche nel nostro Paese le statistiche evidenziano una
significativa crescita sia delle aziende sia soprattutto delle superfici
rispetto al 2007 e anche in confronto al 2000, si osserva una riduzione del
numero di aziende coinvolte e il contemporaneo incremento del numero degli
ettari investiti. Quest’evoluzione è espressione di una significativa
espansione produttiva, che si è caratterizzata per il forte ridimensionamento
del numero delle microaziende coinvolte nella coltivazione e per il
contemporaneo incremento delle superfici delle aziende medio-grandi. La
coltivazione di piante officinali è diffusa in tutte le regioni italiane e
quasi ovunque le superfici risultano aumentate rispetto all’inizio del
decennio.
Sebbene,
quindi, il settore resti caratterizzato da dimensioni produttive molto contenute,
l’evoluzione delle strutture agricole nel decennio 2000-2010 mostra una
crescita dell’interesse nei confronti di queste produzioni, anche da parte
delle aziende agricole di maggiori dimensioni. L’analisi più approfondita dei
dati del Censimento 2010 ha consentito di individuare la coesistenza di diversi
modelli produttivi tra le aziende coinvolte nella coltivazione di officinali:
tra le aziende fortemente specializzate nelle piante officinali sono presenti
sia aziende piccole e piccolissime, sia aziende medio-grandi o grandi (con
oltre 50 ettari di SAU), rispetto al panorama agricolo nazionale; dall’altro
lato, vi è un’ampia gamma di aziende diversificate dove la coltivazione di
officinali rappresenta una fonte di reddito integrativa, talvolta associata
anche ad un’attività di agriturismo o alla trasformazione di prodotti
aziendali. Anche in questo secondo tipo di aziende le coltivazioni di piante
officinali appaiono in crescita.
Un trend
positivo è infine confermato anche dai dati relativi al settore biologico, da
cui risulta una dinamica crescente tra il 2000 e il 2011 delle superfici
biologiche o in conversione a piante officinali - ancora una volta a fronte di
una stabilizzazione delle superfici agricole bio totali - e una crescita
tendenziale del numero di nuove notifiche di operatori biologici di officinali.
Tra i dati rilevanti del settore, è certamente da rimarcare il ruolo che
all’interno della filiera delle piante officinali riveste la produzione
biologica. Nella fase agricola, si può stimare che le aziende biologiche
rapportate all’universo censuario, rappresentino il 23% mentre la quota di
superficie biologica incida per oltre il 40%.
Di questo si parlerà il 12 ottobre alle ore 10 preso la sede del Grand Tour di Capaccio