Turismo/Paesaggio
Dal turismo rurale al turismo eco-gastronomico: il caso del Sannio Beneventano
Premessa
Il paesaggio italiano deve essere considerato nella nuova lettura come “unicum” ambientale , dove la mano dell’uomo ha trasformato, plasmato, modificato, arricchito di borghi e centri storici il territorio, dove si fondono il paesaggio naturale, paesaggio agrario, paesaggio storico, il paesaggio rurale, paesaggio alimentare.
Analizzando i saggi tradizionali, si evidenzia come in essi si parlasse solo ed esclusivamente, di natura naturans e di natura naturata (B. Spinoza, Etica e Trattato teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 112-113) indirizzati ai concetti di percezione e di espressione. Infatti nel suo Viaggio in Italia Goethe coglie questo aspetto assolutamente specifico del Bel Paese, che lo rende unico al mondo, scrivendo, a proposito del paesaggio italiano e di quanto in esso vi si intrecci e si crei , una “seconda natura” alla quale hanno concorso le mani di artisti, di mecenati, di artigiani, o di “artieri” come li definiva lo storico Piero Camporesi in uno dei suoi volumi più acuti (Le belle contrade, Garzanti, 1992): “Nulla era più lontano dal gusto cinquecentesco d’un paesaggio puramente naturale, non costruito e fabbricato dall’ingegnosa laboriosità umana”. Egli cita una bellissima espressione di Carlo Cattaneo dedicata alla Bassa padana (certo il nostro territorio più intensivamente trasformato rispetto all’antico): “Pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani”.
Il paesaggio quindi sia come insieme dei segni lasciati dall’uomo sul territorio, che quale deposito di storia . Poiché in esso è rappresentato e testimoniato il passato anche il presente e il futuro. Esso è dunque il fondamento della identità delle diverse comunità che abitano in un luogo, rappresentando quindi una insostituibile risorsa della civiltà.
Il paesaggio anche come risorsa economica, in quanto sempre più, nell’economia moderna, si tende ad accrescere le risorse legate alla produzione di “beni immateriali”, tra i quali i comparti legati alla ricreazione e al benessere fisico, al turismo, alla conoscenza e al godimento estetico assumono crescente rilievo.
In moltissime aree del Mediterraneo il paesaggio di qualità è luogo e condizione per produzioni enogastronomiche “di nicchia”, caratterizzate dalla qualità e dall’identità, fondamentali sia lo sviluppo economico e sociale delle aree coinvolte che per la conservazione di valori universali, e quindi nella nuova accezione di ecogastronomia. Il Bacino del Mediterraneo è caratterizzato da fattori omogenei sul territorio e la lettura del paesaggio permette, quindi, di verificare le trasformazioni che le aree hanno subito per mano dell’attività antropica.
La nuova accezione di paesaggio a seguito della Convenzione di Sul Paesaggio ( 2000) esprime un concetto di tutela del paesaggio come tutela globale e non più solo in riferimento al significato estetizzante di bellezza naturale assumendo quindi un valore estetico ma non consistente in una immagine pittorica, bensì inteso come percezione, apprezzamento, consapevolezza da parte dell'uomo di una unità etnica, economica o ambientale. In questo senso il concetto di paesaggio si avvicina a quello di ambiente.
La nuova definizione di paesaggio: tutela e valorizzazione
Negli Anni Ottanta, con la Legge Galasso, è stata identificata una tutela del paesaggio che non riguarda più soltanto beni di esclusiva rilevanza estetica (bellezze naturali) o culturale (singolarità geologiche, beni rari o di interesse scientifico o di valore tradizionale) bensì beni che costituiscono elementi caratterizzanti la struttura morfologica del territorio nazionale, siano essi naturali o effetto dell'attività umana. In questa accezione di paesaggio si intravede quindi, un significato di ecosistema paesistico, inteso come un insieme di ecosistemi variamente collegati con connotazioni di natura produttiva, culturale ed ambientale. Dunque il paesaggio, visto da questa prospettiva, è un insieme di sistemi ecologici dinamici in equilibrio (o in disequilibrio, a seconda dei casi), in cui le componenti ambientali di maggiore rilievo, quali suolo, vegetazione, clima, fauna e acqua, interagiscono fra loro, ricevendo inoltre le importanti pressioni modificatorie degli interventi antropici (coltivazione, forestazione, pascolo, incendi, deforestazioni, edificazione, inquinamento ecc.). Risultano quindi di rilevante importanza quei fattori e quegli elementi che, legati alla presenza di tutte le diverse componenti ambientali di tale sistema complesso, permettono il mantenimento dell’equilibrio ecosistemico. Ed è in questa lungimirante prospettiva, che oggi si parla di mosaico paesistico ambientale.
Con la Convenzione Europea del Paesaggio i paesi firmari si sono impegnati ad approfondire la conoscenza dei propri paesaggi con lavori di “identificazione” e di “valutazione”. Infatti la necessità di identificare e valutare i paesaggi posta dalla Convenzione deve essere intesa, anche alla luce delle indicazioni della relazione esplicativa (che esprime riserve sull’opportunità di stabilire una scala di valori) e dei diversi termini utilizzati nelle due lingue ufficiali della Convenzione rispetto alla traduzione italiana (“identification and assessment” in inglese e “identification et qualification”, in francese).
Dal turismo rurale al turismo ecogastronomico
La tutela del paesaggio è strettamente collegata alla sua governance, che trova la sua espressione anche nella fruizione dello stesso attraverso attività “ produttive” quali ad esempio il turismo questo soprattutto per le aree interne del Mezzogiorno d’Italia nel turismo integrato.
Da numerosi studi emerge un sempre più forte interesse nei confronti di quello che si può definire l’“ Italian Style of Life” con un'attenzione alle tradizioni nonché al patrimonio culturale enogatronomico ed ecogastronomico del nostro Paese, in particolare del Mezzogiorno . Di fatto l'immagine o meglio il “Brand Italia” è legata profondamente al concetto di “cultura” inteso non solo come patrimonio artistico-culturale-paesaggistico, ma anche gastronomico, artigianale, folkloristico etc., e quindi quale cultura materiale ed immateriale dei luoghi, vero e proprio “genius loci”.
Dai dati forniti dalla “Conservation International”[1], ogni anno, un turista su cinque sceglie un viaggio-natura (con un incremento che varia dal 10% al 30% secondo le aree geografiche). Si tratta perlopiù di persone che organizzano un viaggio all’insegna dell’osservazione e dell’apprezzamento della natura e delle culture tradizionali dei paesi e delle aree visitate. Il numero di soggetti che unisce la vacanza con la scoperta delle tipicità locali gastronomiche sono in aumento infatti i dati confermano che 2008 le vacanze all’insegna di turisti eno-gastronomici sono stati circa 4 milioni divenuti nel 2009 ben 6,5 milioni. Complessivamente si stima però che almeno 30 milioni di turisti nazionali e 20 milioni di turisti stranieri abbiamo scelto come meta Italia in quanto spinti da motivazioni e interessi legati all’offerta enogastronomica. Il giro d’affari è stimato, quindi, tra i 3 e i 5 miliardi di euro. (Osservatorio sul turismo del vino, Censis Servizi Spa 2009-2010). Tra destinazioni del turismo enogastronomico al primo posto la Toscana con il 44% delle preferenze seguita dal Piemonte (20% delle preferenze), Veneto (13%) Umbria (9%) e Puglia (7%).
Come si evidenzia l’area del Mezzogiorno di Italia non è contemplata, soprattutto perché non vi è una offerta integrata ( natura/cultura/gastronomia).
La Cattedra di Ecologia da anni, fra le sue linee di ricerca, ha la realizzazione di azioni tese al turismo integrato ( natura/cultura/gastronomia) realizzando azioni di valorizzazione e promozione delle aree interne del mezzogiorno uniche per bellezze paesaggistiche, cultuali oltre che gastronomiche e che quindi ben si restano per attività legate al turismo integrato[2], che consentano così di decomprimere lo stress antropico causato dal turismo di massa ( sole e mare)sulla fascia costiera
In particolare molte proposte progettuali hanno avuto quale area di studio quelle delle aree interne della Campania e del Sannio , proponendo delle attività di riqualificazione e rifunzionalizzazione del territorio.
Il paesaggio sannita: proposte di un turismo integrato
Il territorio sannita è un’area ad elevata vocazione rurale, infatti molteplici sono i segni ancora presenti oggi a testimonianza delle civiltà che lo hanno abitato.
I paesaggi del Sannio sono caratterizzati, soprattutto, da un alto tasso di biodiversità ma anche da un insieme di valori che sono propri della cultura mediterranea, questi paesaggi sono diventati veri e propri paesaggi culturali in cui la relazione tra attività umane e l’ambiente naturale hanno creato veri e propri feed-back ed uno stato di simbiosi uomo - natura tipici dell’uso passato, da parte delle popolazioni rurali, dell’ambiente naturale. Quindi, si può parlare di paesaggi della biodiversità che si succedono ed alternano nell’area mediterranea, non soltanto considerando lo stretto ambito ecologico - naturalistico, ma prendendo in considerazione anche le particolari ricchezze del capitale umano (Aloj 2009). Per definire il paesaggio mediterraneo, dunque, l’aspetto più importante è la identificazione dei valori che lo caratterizzano, e quindi individuare ed identificare le diverse dimensioni di tali valori, dimensioni che sono sostenute sulla base della diversità culturale e dei suoi parametri estetici ecologici, produttivi, sociali, morfologici, simbolici ed identitari.
La Provincia di Benevento si estende nell’entroterra nord-orientale della Campania con una superficie di circa 2.000 kmq, corrispondente al 15% dell’intero territorio regionale. E’ un’area prevalentemente montuosa (il 55% è prettamente montuosa il restante 45% è collinare). Le economie dei territori appenninici e soprattutto del Sannio sono caratterizzate dall’Agricoltura e dall’ Allevamento. Le produzioni tipiche prodotte sono essenzialmente gli ulivi ed i vitigni ( con relativi lavorazioni), tanto che nel Sannio sono presenti ben 6 denominazioni di origine e 2 indicazioni geografiche per più di 60 tipologie di vini[3]. Tra questi il Solopaca (il vino con la Denominazione più antica fra quelle annoverate in provincia di Benevento, interessando 12 comuni collocati nella parte meridionale dell’antico Sannio, con a nord i Monti del Matese e a sud il Taburno), il Guardiolo, il Taburno o Aglianico del Taburno, il Sant’Agata dei Goti.
La massima produzione si concentra lungo la Valle Telesina e, lungo le Valli Vitulanese e Caudina, lungo i territori collinari adiacenti o prospicienti i due massicci del Taburno e di Camposauro, si tratta delle zone riconosciute come l’area di Solopaca e l’ area del Taburno.
Ulteriore elemento caratterizzante il territorio sannita è rappresentato, dall’attività agrosilvopastorale. Il Sannio può essere inteso quale crocevia della pratica della transumanza ( attività che ha caratterizzato l’economia del mezzogiorno d’Italia fino ad alcuni decenni fa). Il tratturo Pescasseroli - Candela, in particolare attraversava ed attraversa tutt’ora i territori del Sannio e dell’Irpinia e quindi la provincia di Benevento: ventiquattro sono i comuni sanniti attraversati, per una superficie di circa 872,46 Km2 ed una popolazione di 50.258 abitanti. Specificatamente i comuni interessati sono Baselice,Buonalbergo, Campolattaro, Casalduni,Castelfranco in Miscano,Castelpagano,Castelvetere in ValFortore, Circello, Collesannita,Foiano di Valfortore,Fragneto l’Abate, Fragneto Monforte, Ginestra degli schiavoni, Molinara, Montefalcone di ValFortore, Morcone, Pontelandolfo, Reino, San Bartolomeo in Galdo, San Giorgio la Molara, San Lupo, San Marco dei Cavoti, Santa Croce del Sannio, Sassinoro.
Alla pratica armentizia si legano ( sovrapponendosi in alcuni casi) anche le antiche vie della fede, ed in particolare la Via Micaelica – via Francigena del Sud che tocca principalmente i toccherà i territori dei Comuni di Faicchio, San Salvatore Telesino, Telese, Castelvenere, Guardia Sanframondi, Cerreto Sannita ,San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore e Ponte. Che rappresenta , che tuttora quasi interamente il prolungamento della Via Francigena da Roma in poi, dopo la città di Benevento, e che interessa l’epicentro del Sannio-Beneventano, allacciandosi alla Via Traiana, che interessa il territorio appartenente ai Comuni di Paduli, Buonalbergo e Castelfranco in Miscano, fino al confine regionale con la Puglia.
Oltre ai molteplici culti religiosi, l’area sannita è caratterizzata anche da molteplici pratiche pagane. Benevento è per definizione la città delle streghe ( Janare). Proprio a causa della forte radicazione religiosa numerosi sono le testimonianze che ricordano le persecuzioni che subirono le donne sannite dedite alla cura dei malanni con le erbe durante l’epoca della inquisizione. Tra i diversi luoghi scelti ( così si legge dai documenti nell’archivio storico di benevento), vi era oltre lo stretto di Barba ( luogo di incontro per il Sabba- sotto il noce), il Ponte delle Janare[4], sito nel Comune di San Lupo (BN).
Da come si evidenzia nell’area ricadente nella Valle Telesina ( in primis ma che comunque caratterizzano tutta l’area sannita) si soprappongono quelle che possono essere definite le vie del vino, della fede e della transumanza, infatti è possibile costatare come le vie del vino coincidono con quella dei pellegrini che a loro volta coincidono con quella della transumanza, che sintetizzano le peculiarità del PAESAGGIO MEDITERRANEO diventando oggi una rete per l’offerta turistica integrata e un esempio di filiera corta territoriale che va dall’allevamento dei capi all’accoglienza, con percorsi per il trekking, il cicloturismo e le passeggiate a cavallo.
in Silvae 2011
[1] http://www.conservation.org/learn/culture/ecotourism/Pages/ecotourism.aspx
[2] Eugenia Aloj, Anna Zollo, Mariagrazia De Castro Il progetto south Italy per il rilancio della rete tratturale come mosaico paesistico – ambientale ed opportunità di ecoturismo inTuristica Mercury n.3/08
ALOJ E., DE CASTRO M, ZOLLO A (2008). Il recupero delle vie della transumanza nel bacino del Mediterraneo nell'ottica del rilancio dell'ecoturismo. In: GIOVANNINI M., GINEX G., (a cura di), Spazi e culture del Mediterraneo. p. 87-93, ROMA: Kappa
[3] Le sei Doc sono: Solopaca, Taburno, Aglianico del Taburno, Guardiolo, Sant’ Agata dei Goti, Sannio; le due IGT sono: il Beneventano ed il Dugenta. I nostri vini più rinomati, come l’Aglianico e la Falanghina, hanno ricevuto riconoscimenti e premi in concorsi e rassegne nazionali ed internazionali; negli ultimi anni si è andata affermando anche la tipologia “Coda di Volpe” che è inserita in tutte le DOC delle provincia
[4] Il ponte (ancora oggi esistente) fu costruito sul Torrente Janara. Il Le due rive scoscese sono dette "Coste Janare". Il ponte fu fatto saltare in aria dai Tedeschi in ritirata durante la la leggenda dice che quello fosse il luogo prediletto dalle "Janare" (streghe) per spiccare il volo e raggiungere il famoso "noce di Benevento”.
La Mediterraneità
Parlare di Mediterraneo significa, sulla scia della lezione metodologica di Braudel, rintracciarne i termini di longue durée. I popoli che vivono intorno al mare come “formiche e rane attorno ad uno stagno” (SOCRATE, nel Fedone di PLATONE) partecipano di una comune identità, plasmata da vincoli culturali millenari, dal factum maris che favorisce gli scambi, consolidando altresì una consapevolezza dell’altrui diversità. Il Mediterraneo - “el mar con una sola orilla” come dice Gironés, lunga quanto l’equatore - è caratterizzato da un’unità plurale. Afferma il geografo Kaiser: “Il Mediterraneo s’impone. Da nessun’altra parte, per un’estensione simile si percepisce con uguale intensità l’unità di spazi peraltro così differenti”. È l’ unitività di uno spazio coeso, àmbito biogeografico e mare nostrum di tutti i Popoli che vi si affacciano: il luogo braudeliano dove, nel paesaggio fisico e umano, “tutto si fonde e si ricompone in un’unità originale”. “Pianura liquida” di compenetrazione di tre continenti – Europa, Africa, Asia in presa diretta sull’Indo-Kush – il Mediterraneo alberga un “essere culturale” che possiamo chiamare, con Gonzague de Reynolds e Poupard, homo Mediterraneus.
Per sua intima natura, il Mediterraneo è sempre stato crocevia, punto privilegiato di incontro e di relazione. Vito Teti riassume efficacemente questo concetto sottolineando come
“una pluralità di punti di vista, di voci,
di documenti, il dialogo e la polifonia, alla fine
si sono rivelati fondamentali per dare conto
di un melting pot alimentare, di un crogiuolo
di esperienze e di saperi, di fusione di storie e
tradizioni, di mescolanze di prodotti, cibi, sapori,
odori, colori”. Senza la dimensione delle relazioni non si spiegano né il Mediterraneo
né la sua cucina.
Come afferma Teti, le due consuete domande rituali poste ai figli dalle madri calabresi (“hai mangiato?” e “con chi mangi?”), esprimono la natura del bene portato alle loro creature.
“L’aver mangiato è conferma di stare bene; l’avere mangiato insieme a qualcuno è conferma
che non si è soli, e ciò dà sicurezza e tranquillità”. Nel Mediterraneo mangiare è mangiare
con qualcuno. “Dividere il pane o il cibo significava fondare e rendere sacre unioni, legami,
rapporti”
(Vito Teti).
Un ulteriore tratto costitutivo dei regimi alimentari tradizionali – che contribuisce a rendere ancora più rotondo il concetto di relazione cui abbiamo accennato - è dato “dal rapporto parsimonioso ed equilibrato tra l’uomo, gli ambienti e gli alimenti”. Segnata dalla fatica e
dalle ristrettezze, la vita quotidiana della quasi totalità degli abitanti del bacino del Mediterraneo è stata per secoli contrassegnata dall’esigenza di un attenzione meticolosa agli equilibri naturali, quale prezioso elemento di garanzia e continuità per il futuro.
La caratteristica più evidente del destino del Mare Internum è l’essere inserito nel più vasto insieme di terre emerse del mondo”, nell’insieme, cioè, del “gigantesco continente unitario” euro-afro-asiatico: “un pianeta” dove gli uomini hanno trovato “il grande scenario della loro storia universale”, e dove “si sono compiuti gli scambi decisivi”. F. Braudel, “Civiltà ed imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II”, 1949 Il mar Mediterraneo rappresenta infatti uno scenario unico dove nel corso dei secoli si sono realizzate continue dinamiche di contatto e di scambio in cui le diversità si sono unite, arricchendosi vicendevolmente e creando una nuova realtà. Lingue, religioni, tradizioni, sistemi alimentari, ecc. hanno convissuto e si sono influenzate generando quello straordinario melting pot che viene oggi racchiuso nel neologismo “Mediterraneità”
Premessa
Il paesaggio italiano deve essere considerato nella nuova lettura come “unicum” ambientale , dove la mano dell’uomo ha trasformato, plasmato, modificato, arricchito di borghi e centri storici il territorio, dove si fondono il paesaggio naturale, paesaggio agrario, paesaggio storico, il paesaggio rurale, paesaggio alimentare.
Analizzando i saggi tradizionali, si evidenzia come in essi si parlasse solo ed esclusivamente, di natura naturans e di natura naturata (B. Spinoza, Etica e Trattato teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 112-113) indirizzati ai concetti di percezione e di espressione. Infatti nel suo Viaggio in Italia Goethe coglie questo aspetto assolutamente specifico del Bel Paese, che lo rende unico al mondo, scrivendo, a proposito del paesaggio italiano e di quanto in esso vi si intrecci e si crei , una “seconda natura” alla quale hanno concorso le mani di artisti, di mecenati, di artigiani, o di “artieri” come li definiva lo storico Piero Camporesi in uno dei suoi volumi più acuti (Le belle contrade, Garzanti, 1992): “Nulla era più lontano dal gusto cinquecentesco d’un paesaggio puramente naturale, non costruito e fabbricato dall’ingegnosa laboriosità umana”. Egli cita una bellissima espressione di Carlo Cattaneo dedicata alla Bassa padana (certo il nostro territorio più intensivamente trasformato rispetto all’antico): “Pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani”.
Il paesaggio quindi sia come insieme dei segni lasciati dall’uomo sul territorio, che quale deposito di storia . Poiché in esso è rappresentato e testimoniato il passato anche il presente e il futuro. Esso è dunque il fondamento della identità delle diverse comunità che abitano in un luogo, rappresentando quindi una insostituibile risorsa della civiltà.
Il paesaggio anche come risorsa economica, in quanto sempre più, nell’economia moderna, si tende ad accrescere le risorse legate alla produzione di “beni immateriali”, tra i quali i comparti legati alla ricreazione e al benessere fisico, al turismo, alla conoscenza e al godimento estetico assumono crescente rilievo.
In moltissime aree del Mediterraneo il paesaggio di qualità è luogo e condizione per produzioni enogastronomiche “di nicchia”, caratterizzate dalla qualità e dall’identità, fondamentali sia lo sviluppo economico e sociale delle aree coinvolte che per la conservazione di valori universali, e quindi nella nuova accezione di ecogastronomia. Il Bacino del Mediterraneo è caratterizzato da fattori omogenei sul territorio e la lettura del paesaggio permette, quindi, di verificare le trasformazioni che le aree hanno subito per mano dell’attività antropica.
La nuova accezione di paesaggio a seguito della Convenzione di Sul Paesaggio ( 2000) esprime un concetto di tutela del paesaggio come tutela globale e non più solo in riferimento al significato estetizzante di bellezza naturale assumendo quindi un valore estetico ma non consistente in una immagine pittorica, bensì inteso come percezione, apprezzamento, consapevolezza da parte dell'uomo di una unità etnica, economica o ambientale. In questo senso il concetto di paesaggio si avvicina a quello di ambiente.
La nuova definizione di paesaggio: tutela e valorizzazione
Negli Anni Ottanta, con la Legge Galasso, è stata identificata una tutela del paesaggio che non riguarda più soltanto beni di esclusiva rilevanza estetica (bellezze naturali) o culturale (singolarità geologiche, beni rari o di interesse scientifico o di valore tradizionale) bensì beni che costituiscono elementi caratterizzanti la struttura morfologica del territorio nazionale, siano essi naturali o effetto dell'attività umana. In questa accezione di paesaggio si intravede quindi, un significato di ecosistema paesistico, inteso come un insieme di ecosistemi variamente collegati con connotazioni di natura produttiva, culturale ed ambientale. Dunque il paesaggio, visto da questa prospettiva, è un insieme di sistemi ecologici dinamici in equilibrio (o in disequilibrio, a seconda dei casi), in cui le componenti ambientali di maggiore rilievo, quali suolo, vegetazione, clima, fauna e acqua, interagiscono fra loro, ricevendo inoltre le importanti pressioni modificatorie degli interventi antropici (coltivazione, forestazione, pascolo, incendi, deforestazioni, edificazione, inquinamento ecc.). Risultano quindi di rilevante importanza quei fattori e quegli elementi che, legati alla presenza di tutte le diverse componenti ambientali di tale sistema complesso, permettono il mantenimento dell’equilibrio ecosistemico. Ed è in questa lungimirante prospettiva, che oggi si parla di mosaico paesistico ambientale.
Con la Convenzione Europea del Paesaggio i paesi firmari si sono impegnati ad approfondire la conoscenza dei propri paesaggi con lavori di “identificazione” e di “valutazione”. Infatti la necessità di identificare e valutare i paesaggi posta dalla Convenzione deve essere intesa, anche alla luce delle indicazioni della relazione esplicativa (che esprime riserve sull’opportunità di stabilire una scala di valori) e dei diversi termini utilizzati nelle due lingue ufficiali della Convenzione rispetto alla traduzione italiana (“identification and assessment” in inglese e “identification et qualification”, in francese).
Dal turismo rurale al turismo ecogastronomico
La tutela del paesaggio è strettamente collegata alla sua governance, che trova la sua espressione anche nella fruizione dello stesso attraverso attività “ produttive” quali ad esempio il turismo questo soprattutto per le aree interne del Mezzogiorno d’Italia nel turismo integrato.
Da numerosi studi emerge un sempre più forte interesse nei confronti di quello che si può definire l’“ Italian Style of Life” con un'attenzione alle tradizioni nonché al patrimonio culturale enogatronomico ed ecogastronomico del nostro Paese, in particolare del Mezzogiorno . Di fatto l'immagine o meglio il “Brand Italia” è legata profondamente al concetto di “cultura” inteso non solo come patrimonio artistico-culturale-paesaggistico, ma anche gastronomico, artigianale, folkloristico etc., e quindi quale cultura materiale ed immateriale dei luoghi, vero e proprio “genius loci”.
Dai dati forniti dalla “Conservation International”[1], ogni anno, un turista su cinque sceglie un viaggio-natura (con un incremento che varia dal 10% al 30% secondo le aree geografiche). Si tratta perlopiù di persone che organizzano un viaggio all’insegna dell’osservazione e dell’apprezzamento della natura e delle culture tradizionali dei paesi e delle aree visitate. Il numero di soggetti che unisce la vacanza con la scoperta delle tipicità locali gastronomiche sono in aumento infatti i dati confermano che 2008 le vacanze all’insegna di turisti eno-gastronomici sono stati circa 4 milioni divenuti nel 2009 ben 6,5 milioni. Complessivamente si stima però che almeno 30 milioni di turisti nazionali e 20 milioni di turisti stranieri abbiamo scelto come meta Italia in quanto spinti da motivazioni e interessi legati all’offerta enogastronomica. Il giro d’affari è stimato, quindi, tra i 3 e i 5 miliardi di euro. (Osservatorio sul turismo del vino, Censis Servizi Spa 2009-2010). Tra destinazioni del turismo enogastronomico al primo posto la Toscana con il 44% delle preferenze seguita dal Piemonte (20% delle preferenze), Veneto (13%) Umbria (9%) e Puglia (7%).
Come si evidenzia l’area del Mezzogiorno di Italia non è contemplata, soprattutto perché non vi è una offerta integrata ( natura/cultura/gastronomia).
La Cattedra di Ecologia da anni, fra le sue linee di ricerca, ha la realizzazione di azioni tese al turismo integrato ( natura/cultura/gastronomia) realizzando azioni di valorizzazione e promozione delle aree interne del mezzogiorno uniche per bellezze paesaggistiche, cultuali oltre che gastronomiche e che quindi ben si restano per attività legate al turismo integrato[2], che consentano così di decomprimere lo stress antropico causato dal turismo di massa ( sole e mare)sulla fascia costiera
In particolare molte proposte progettuali hanno avuto quale area di studio quelle delle aree interne della Campania e del Sannio , proponendo delle attività di riqualificazione e rifunzionalizzazione del territorio.
Il paesaggio sannita: proposte di un turismo integrato
Il territorio sannita è un’area ad elevata vocazione rurale, infatti molteplici sono i segni ancora presenti oggi a testimonianza delle civiltà che lo hanno abitato.
I paesaggi del Sannio sono caratterizzati, soprattutto, da un alto tasso di biodiversità ma anche da un insieme di valori che sono propri della cultura mediterranea, questi paesaggi sono diventati veri e propri paesaggi culturali in cui la relazione tra attività umane e l’ambiente naturale hanno creato veri e propri feed-back ed uno stato di simbiosi uomo - natura tipici dell’uso passato, da parte delle popolazioni rurali, dell’ambiente naturale. Quindi, si può parlare di paesaggi della biodiversità che si succedono ed alternano nell’area mediterranea, non soltanto considerando lo stretto ambito ecologico - naturalistico, ma prendendo in considerazione anche le particolari ricchezze del capitale umano (Aloj 2009). Per definire il paesaggio mediterraneo, dunque, l’aspetto più importante è la identificazione dei valori che lo caratterizzano, e quindi individuare ed identificare le diverse dimensioni di tali valori, dimensioni che sono sostenute sulla base della diversità culturale e dei suoi parametri estetici ecologici, produttivi, sociali, morfologici, simbolici ed identitari.
La Provincia di Benevento si estende nell’entroterra nord-orientale della Campania con una superficie di circa 2.000 kmq, corrispondente al 15% dell’intero territorio regionale. E’ un’area prevalentemente montuosa (il 55% è prettamente montuosa il restante 45% è collinare). Le economie dei territori appenninici e soprattutto del Sannio sono caratterizzate dall’Agricoltura e dall’ Allevamento. Le produzioni tipiche prodotte sono essenzialmente gli ulivi ed i vitigni ( con relativi lavorazioni), tanto che nel Sannio sono presenti ben 6 denominazioni di origine e 2 indicazioni geografiche per più di 60 tipologie di vini[3]. Tra questi il Solopaca (il vino con la Denominazione più antica fra quelle annoverate in provincia di Benevento, interessando 12 comuni collocati nella parte meridionale dell’antico Sannio, con a nord i Monti del Matese e a sud il Taburno), il Guardiolo, il Taburno o Aglianico del Taburno, il Sant’Agata dei Goti.
La massima produzione si concentra lungo la Valle Telesina e, lungo le Valli Vitulanese e Caudina, lungo i territori collinari adiacenti o prospicienti i due massicci del Taburno e di Camposauro, si tratta delle zone riconosciute come l’area di Solopaca e l’ area del Taburno.
Ulteriore elemento caratterizzante il territorio sannita è rappresentato, dall’attività agrosilvopastorale. Il Sannio può essere inteso quale crocevia della pratica della transumanza ( attività che ha caratterizzato l’economia del mezzogiorno d’Italia fino ad alcuni decenni fa). Il tratturo Pescasseroli - Candela, in particolare attraversava ed attraversa tutt’ora i territori del Sannio e dell’Irpinia e quindi la provincia di Benevento: ventiquattro sono i comuni sanniti attraversati, per una superficie di circa 872,46 Km2 ed una popolazione di 50.258 abitanti. Specificatamente i comuni interessati sono Baselice,Buonalbergo, Campolattaro, Casalduni,Castelfranco in Miscano,Castelpagano,Castelvetere in ValFortore, Circello, Collesannita,Foiano di Valfortore,Fragneto l’Abate, Fragneto Monforte, Ginestra degli schiavoni, Molinara, Montefalcone di ValFortore, Morcone, Pontelandolfo, Reino, San Bartolomeo in Galdo, San Giorgio la Molara, San Lupo, San Marco dei Cavoti, Santa Croce del Sannio, Sassinoro.
Alla pratica armentizia si legano ( sovrapponendosi in alcuni casi) anche le antiche vie della fede, ed in particolare la Via Micaelica – via Francigena del Sud che tocca principalmente i toccherà i territori dei Comuni di Faicchio, San Salvatore Telesino, Telese, Castelvenere, Guardia Sanframondi, Cerreto Sannita ,San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore e Ponte. Che rappresenta , che tuttora quasi interamente il prolungamento della Via Francigena da Roma in poi, dopo la città di Benevento, e che interessa l’epicentro del Sannio-Beneventano, allacciandosi alla Via Traiana, che interessa il territorio appartenente ai Comuni di Paduli, Buonalbergo e Castelfranco in Miscano, fino al confine regionale con la Puglia.
Oltre ai molteplici culti religiosi, l’area sannita è caratterizzata anche da molteplici pratiche pagane. Benevento è per definizione la città delle streghe ( Janare). Proprio a causa della forte radicazione religiosa numerosi sono le testimonianze che ricordano le persecuzioni che subirono le donne sannite dedite alla cura dei malanni con le erbe durante l’epoca della inquisizione. Tra i diversi luoghi scelti ( così si legge dai documenti nell’archivio storico di benevento), vi era oltre lo stretto di Barba ( luogo di incontro per il Sabba- sotto il noce), il Ponte delle Janare[4], sito nel Comune di San Lupo (BN).
Da come si evidenzia nell’area ricadente nella Valle Telesina ( in primis ma che comunque caratterizzano tutta l’area sannita) si soprappongono quelle che possono essere definite le vie del vino, della fede e della transumanza, infatti è possibile costatare come le vie del vino coincidono con quella dei pellegrini che a loro volta coincidono con quella della transumanza, che sintetizzano le peculiarità del PAESAGGIO MEDITERRANEO diventando oggi una rete per l’offerta turistica integrata e un esempio di filiera corta territoriale che va dall’allevamento dei capi all’accoglienza, con percorsi per il trekking, il cicloturismo e le passeggiate a cavallo.
in Silvae 2011
[1] http://www.conservation.org/learn/culture/ecotourism/Pages/ecotourism.aspx
[2] Eugenia Aloj, Anna Zollo, Mariagrazia De Castro Il progetto south Italy per il rilancio della rete tratturale come mosaico paesistico – ambientale ed opportunità di ecoturismo inTuristica Mercury n.3/08
ALOJ E., DE CASTRO M, ZOLLO A (2008). Il recupero delle vie della transumanza nel bacino del Mediterraneo nell'ottica del rilancio dell'ecoturismo. In: GIOVANNINI M., GINEX G., (a cura di), Spazi e culture del Mediterraneo. p. 87-93, ROMA: Kappa
[3] Le sei Doc sono: Solopaca, Taburno, Aglianico del Taburno, Guardiolo, Sant’ Agata dei Goti, Sannio; le due IGT sono: il Beneventano ed il Dugenta. I nostri vini più rinomati, come l’Aglianico e la Falanghina, hanno ricevuto riconoscimenti e premi in concorsi e rassegne nazionali ed internazionali; negli ultimi anni si è andata affermando anche la tipologia “Coda di Volpe” che è inserita in tutte le DOC delle provincia
[4] Il ponte (ancora oggi esistente) fu costruito sul Torrente Janara. Il Le due rive scoscese sono dette "Coste Janare". Il ponte fu fatto saltare in aria dai Tedeschi in ritirata durante la la leggenda dice che quello fosse il luogo prediletto dalle "Janare" (streghe) per spiccare il volo e raggiungere il famoso "noce di Benevento”.
La Mediterraneità
Parlare di Mediterraneo significa, sulla scia della lezione metodologica di Braudel, rintracciarne i termini di longue durée. I popoli che vivono intorno al mare come “formiche e rane attorno ad uno stagno” (SOCRATE, nel Fedone di PLATONE) partecipano di una comune identità, plasmata da vincoli culturali millenari, dal factum maris che favorisce gli scambi, consolidando altresì una consapevolezza dell’altrui diversità. Il Mediterraneo - “el mar con una sola orilla” come dice Gironés, lunga quanto l’equatore - è caratterizzato da un’unità plurale. Afferma il geografo Kaiser: “Il Mediterraneo s’impone. Da nessun’altra parte, per un’estensione simile si percepisce con uguale intensità l’unità di spazi peraltro così differenti”. È l’ unitività di uno spazio coeso, àmbito biogeografico e mare nostrum di tutti i Popoli che vi si affacciano: il luogo braudeliano dove, nel paesaggio fisico e umano, “tutto si fonde e si ricompone in un’unità originale”. “Pianura liquida” di compenetrazione di tre continenti – Europa, Africa, Asia in presa diretta sull’Indo-Kush – il Mediterraneo alberga un “essere culturale” che possiamo chiamare, con Gonzague de Reynolds e Poupard, homo Mediterraneus.
Per sua intima natura, il Mediterraneo è sempre stato crocevia, punto privilegiato di incontro e di relazione. Vito Teti riassume efficacemente questo concetto sottolineando come
“una pluralità di punti di vista, di voci,
di documenti, il dialogo e la polifonia, alla fine
si sono rivelati fondamentali per dare conto
di un melting pot alimentare, di un crogiuolo
di esperienze e di saperi, di fusione di storie e
tradizioni, di mescolanze di prodotti, cibi, sapori,
odori, colori”. Senza la dimensione delle relazioni non si spiegano né il Mediterraneo
né la sua cucina.
Come afferma Teti, le due consuete domande rituali poste ai figli dalle madri calabresi (“hai mangiato?” e “con chi mangi?”), esprimono la natura del bene portato alle loro creature.
“L’aver mangiato è conferma di stare bene; l’avere mangiato insieme a qualcuno è conferma
che non si è soli, e ciò dà sicurezza e tranquillità”. Nel Mediterraneo mangiare è mangiare
con qualcuno. “Dividere il pane o il cibo significava fondare e rendere sacre unioni, legami,
rapporti”
(Vito Teti).
Un ulteriore tratto costitutivo dei regimi alimentari tradizionali – che contribuisce a rendere ancora più rotondo il concetto di relazione cui abbiamo accennato - è dato “dal rapporto parsimonioso ed equilibrato tra l’uomo, gli ambienti e gli alimenti”. Segnata dalla fatica e
dalle ristrettezze, la vita quotidiana della quasi totalità degli abitanti del bacino del Mediterraneo è stata per secoli contrassegnata dall’esigenza di un attenzione meticolosa agli equilibri naturali, quale prezioso elemento di garanzia e continuità per il futuro.
La caratteristica più evidente del destino del Mare Internum è l’essere inserito nel più vasto insieme di terre emerse del mondo”, nell’insieme, cioè, del “gigantesco continente unitario” euro-afro-asiatico: “un pianeta” dove gli uomini hanno trovato “il grande scenario della loro storia universale”, e dove “si sono compiuti gli scambi decisivi”. F. Braudel, “Civiltà ed imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II”, 1949 Il mar Mediterraneo rappresenta infatti uno scenario unico dove nel corso dei secoli si sono realizzate continue dinamiche di contatto e di scambio in cui le diversità si sono unite, arricchendosi vicendevolmente e creando una nuova realtà. Lingue, religioni, tradizioni, sistemi alimentari, ecc. hanno convissuto e si sono influenzate generando quello straordinario melting pot che viene oggi racchiuso nel neologismo “Mediterraneità”